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Salinità superficiale del mare
Le variazioni di precipitazioni e apporti di acqua dolce impattano direttamente sulla salinità del mare; mentre saranno da verificare gli effetti a lungo termine dell’aumento di temperatura su aree a scarso battente.
Il cambiamento globale impatta sull’ambiente marino attraverso l’aumento delle temperature superficiali e la stratificazione più marcata e profonda delle masse d’acqua con mortalità massive di organismi bentonici, minor connessione fra ambienti profondi e costieri e alterazione di: cicli biogeochimici (cambiamenti nel metabolismo microbico); distribuzione/impatti dei contaminanti; fenologia di specie animali e vegetali (aumento della vulnerabilità e dei tassi di estinzione); reti trofiche (processi di produzione/consumo); struttura e distribuzione di comunità planctoniche e bentoniche. Ciò porta a una crescita della componente microbica (aumento dei fenomeni epidemiologici) e a un possibile ingresso di specie non indigene.
Le alterazioni delle componenti climatiche possono generare modifiche delle precipitazioni e dei deflussi fluviali con conseguenti variazioni della salinità superficiale dei mari, incidendo sull’ubicazione dell’habitat di diverse specie.
Foto: Denis Guiatti (ARPA FVG)
Salinità superficiale dell’acqua di mare (espressa in psu). L’elaborazione effettuata evidenzia i valori medi annuali e il trend di variazione annuo dell’indicatore. Lo scopo dell’indicatore è di valutare l’alterazione delle caratteristiche e dei processi chimico-fisici (evaporazione, apporto acque dolci).
Nel primo grafico (Fig.1) è messa a confronto la salinità media annuale relativa ai due mari che bagnano le coste calabresi. E’ possibile notare la maggiore salinità dello Ionio, ben nota, dovuta alla circolazione termoalina del Mediterraneo, riconoscibile negli anni 2018 2019 dove i dati sono stati presi con cadenza mensile (Fig.2 e 3). Nel 2015 la situazione sembra eguagliarsi esclusivamente per una carenza di dati. In quell’anno abbiamo la salinità solo in una stazione relativamente al mese di Settembre, come si vede nel terzo grafico (Fig.3). La carenza di dati dei primi tre anni può portare alla fuorviante interpretazione che la salinità sia aumentata negli ultimi due (Fig.1).
Si auspica di poter elaborare gli anni mancanti e i successivi per avere una visione migliore del fenomeno.
Contatti:
Rossella Stocco – ARPACAL rossella.stocco@gmail.com
I dati elaborati tra il 2015 e il 2019 non sono tali da stabilire una risposta certa. Nelle 6 stazioni di riferimento regionali i monitoraggi eseguiti con cadenza bimestrale evidenziano una carenza di dati dei primi tre anni, che può portare alla fuorviante interpretazione che la salinità sia aumentata negli ultimi due.
- Fonte e accessibilità dei dati di base: Dati disponibili sul Sistema Informativo Centralizzato Dati di Monitoraggio Direttiva UE Strategia Marina.
- Unità di misura: Psu (Practical Salinity Units), corrispondente al rapporto tra la conduttività di un campione di acqua di mare e quella di una soluzione standard di KCl formata da 32,4356 grammi di sale disciolti in 1 kg di soluzione a 15 °C. I rapporti sono adimensionali e 35 psu equivalgono a 35 grammi di sale per chilogrammo di soluzione (Unesco 1985).
- Copertura spaziale: Regionale
- Copertura temporale: 2015 – 2019
- Periodicità di aggiornamento: Cadenza bimestrale e semestrale
I dati di salinità provengono dalle misure effettuate con sonda multiparametrica lungo la colonna d’acqua, a partire dalla superficie fino a un massimo di 100m in 40 stazioni, distribuite in maniera omogenea tra il Mar Ionio e il Mar Tirreno, dal 2015 al 2019 con cadenza bimestrale e semestrale. Sono stati estrapolati i dati relativi a 0,5m per tutte le stazioni ed elaborati tramite excel per ottenere medie mensili e annuali.
I cambiamenti indotti dal riscaldamento globale in atto possono avere importanti conseguenze dirette/indirette sugli ecosistemi marini e sulla vita umana. Allo stato attuale è evidente che diversi ecosistemi si stanno degradando e stanno perdendo la loro capacità di produzione sia di beni che di servizi. Poiché il 61% dei servizi ecosistemici deriva dagli ecosistemi costieri (gli ecosistemi profondi, nonostante la loro estensione, sono ancora esclusi dalla stima complessiva di beni e servizi forniti dagli ecosistemi marini), è necessaria un’azione immediata per preservare il loro sviluppo e il loro uso sostenibile.